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Viaggi - Osservatorio sul turismo di qualità

La canzone “Era de Maggio” e la fontana del primo innamoramento, il negozio di guanti di papà in Piazza dei Martiri e le preghiere alla Madonna perchè il Napoli vinca la partita. La pizza di via Santa Brigida e altre meraviglie nei ricordi del passato di Luciano De Crescenzo, che oggi ha ancora un sogno da realizzare     

Luciano De Crescenzo, scrittore e regista
Luciano De Crescenzo, scrittore e regista

È la bellezza di Napoli, sono le letture di Giuseppe Marotta e il suo modo di raccontare la città di Eduardo, di Totò e Peppino, di Massimo Troisi, a ispirare Così parlò Bellavista, il primo libro dell’allora ingegnere Luciano De Crescenzo che, grazie al fortunato incontro con Maurizio Costanzo, ha venduto seicentomila copie in breve tempo. «Dovunque sono andato nel mondo, ho visto che c’era bisogno di un poco di Napoli», raccontò l’autore poco prima di cambiare la sua vita, all’età di 47 anni, abbandonando i panni di dirigente presso l’Ibm per sperimentare ruoli da sceneggiatore al fianco di Renzo Arbore e da regista nei quattro film tratti dai suoi libri. Oggi quelle passioni per il mare di Santa Lucia, le partite di pallone e le canzoni napoletane riecheggiano nella sua dimora di Roma, e proprio tra le strade partenopee, De Crescenzo immagina il suo posto per l’eternità.

  “A Napoli bisognerebbe entrare in punta di piedi...”: se dovesse scegliere un luogo di partenza, da dove inizierebbe questo cammino alla scoperta di una città che lei definisce un luogo sacro?
«Uno dei miei desideri, che spero si realizzerà quando non ci sarò più, è che mi dedichino una strada, e penso di averla trovata. C’è una stradina di Napoli che apprezzo molto: il Vicoletto Belladonna. In questo vicoletto abita una sola persona, quindi se gli cambiassero il nome non sarei causa di grandi disagi per i residenti, costretti a cambiare l’indirizzo sui documenti o sulla carta intestata. Oltre a questo particolare, mi piace il nome che ne deriverebbe: “Vicolo Luciano De Crescenzo già Belladonna”».

  “A Napoli il semaforo rosso non è un divieto, è solo un consiglio” scrive ne I pensieri di Bellavista. Quali costumi di Napoli sono profondamente radicati nel suo modo di vivere?
«Non saprei. I versi e le note delle canzoni napoletane spesso mi fanno compagnia e, quando ci penso, mi accorgo che la maggior parte delle canzoni italiane più amate al mondo sono state scritte a Napoli. Questa cosa mi ha sempre meravigliato e non sono ancora riuscito a trovare una risposta a questo interrogativo».

È nato a Santa Lucia, vicino al mare. Quali profumi o abitudini le ricordano la sua infanzia? 
«Uno dei ricordi della mia infanzia è legato al giorno in cui ho imparato a nuotare. Nel rione in cui abitavo c’era l’abitudine di spingere i propri figli in mare per far sì che imparassero a nuotare. Mio padre, ovviamente, non è venuto meno a questa tradizione, e ricordo ancora quando mi spinse in acqua completamente vestito. Avrò avuto poco più di dieci anni, lui era lì, in piedi, osservava mentre mi agitavo senza far nulla, fino a quando non ho trovato il modo per rimanere a galla».

La squadra del Napoli è il suo grande amore: quali aneddoti hanno accompagnato in questi anni la sua vita da tifoso appassionato? 
«Il tifo, non a caso, è una malattia, quindi essere tifosi vuol dire essere malati. Io sono malato del Napoli. Ricordo che una volta ho pregato la Madonna affinché facesse vincere il Napoli contro la Fiorentina. La mia è stata una preghiera così sentita che quella notte ho sognato la Madonna, vestita con un abito blu, che correva verso la porta e faceva gol».

C’è una poesia o una canzone della tradizione napoletana che, a suo parere, esprime al meglio i valori e le caratteristiche della sua terra? 
«Sicuramente “Era de Maggio”, ma per un motivo personale. La prima volta che mi sono innamorato è accaduto in una piazza, vicino a una fontana. C’è un verso della canzone che recita “De te, bellezza mia, mme ‘nnamuraje, si t’arricuorde ‘nnanz ‘a la funtana”. Ogni volta che l’ascolto è come rivivere quel momento della mia giovinezza».

Dove si può gustare la pizza napoletana doc? E quali altri ristoranti a lei cari, offrono i suoi piatti preferiti?
«Consiglierei di andare in via Santa Brigida dove c’è un ristorante che prepara una pizza eccezionale».    

C’è uno scorcio di costa, un’opera d’arte, una chiesa di Napoli, che in questi anni, sono stati luoghi di profonda ispirazione per le sue opere? 
«Uno dei luoghi che più amo è Piazza dei Martiri perché lì c’era il negozio di mio padre, che faceva il venditore di guanti. Accanto al suo c’era quello della Perugina e ogni volta che ci passavo davanti le commesse mi regalavano i cioccolatini».

• di EF