
«Soggiornare in una dimora storica vuol dire vivere l’identità e il patrimonio culturale del nostro Paese». Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini spiega il valore di questa ricchezza da far scoprire a turisti e investitori

Le dimore storiche sono in assoluto quelle che hanno pagato il prezzo più alto della crisi degli ultimi anni. Inoltre, dal 2012, hanno subito una progressiva erosione delle poche agevolazioni fiscali di cui godevano. Molti proprietari si trovano ad avere gli immobili sfitti. Il fatto che vi sia un serrato controllo delle soprintendenze, non consente di rendere tali immobili più funzionali o meno dispendiosi ad esempio dal punto di vista energetico. «Anche per gli immobili di uso diretto del proprietario - commenta il presidente dell’Associazione dimore storiche italiane Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini - vi è stato un forte rincaro delle imposte, aggravato dall’impossibilità di considerare molti di essi “prima casa”, nonostante gli obblighi di manutenzione e conservazione previsti dalla legge. La pesante tassazione sugli immobili d’interesse culturale storico artistico comporta un’erosione della disponibilità economica del proprietario, e spesso si ripercuote sulla conservazione e sulla tutela del bene».
In che misura le dimore storiche possono rappresentare un volano per il rilancio del turismo culturale?
«Gli ultimi 20 anni hanno visto la crescita esponenziale dei consumatori “ricchi” del mondo che hanno come modello la civiltà europea, tanto che i consumi sono cresciuti proprio nei prodotti di lusso francesi e italiani. Se il turismo culturale affolla i musei, le chiese e anche le dimore storiche già aperte al pubblico, per “assorbire” i tesori della civiltà europea, soltanto nelle dimore storiche private si può ancora avere un’idea dello stile di vita delle classi sociali che nei secoli hanno forgiato tale civiltà. Esaurita la prima fase del turismo di massa si innesterà certamente una seconda fase già evidente nel turismo maturo di alto livello (Usa- Uk) in cui il viaggio con l’ospitalità nelle case private rappresenta il massimo dei sogni. E su questa seconda fase che le dimore storiche possono avere un ruolo fondamentale».
Da Nord a Sud quante sono le dimore storiche e quali le ragioni che più racchiudono tesori nascosti da valorizzare?
«Il numero di dimore vincolate non è noto nemmeno agli organi statali competenti sulla materia; più volte l’Adsi ha chiesto che il numero venga determinato con certezza. Al momento si parla di circa 23mila immobili vincolati (sia pubblici sia privati). Secondo la nostra esperienza, basata sul numero dei soci, possiamo supporre che il numero maggiore di vincoli siano stati apposti nelle regioni del centro nord».
Quali le strategie di promozione e tutela dell’Associazione previste per il 2016?
«Ancora lungo è il cammino da percorrere, soprattutto in virtù delle recenti normative che hanno notevolmente ridotto il regime di “compensazione” fiscale di cui i proprietari, già notevolmente vessati dall’imposizione del vincolo, potevano usufruire per il mantenimento dei loro beni. Il comune auspicio è che sia riconosciuta fino in fondo l’importanza costituzionale del nostro patrimonio storico-artistico e il ruolo fondamentale di chi, da generazioni, ha l’onere e l’onore di mantenerlo intatto, conservando di fatto l’identità culturale e la memoria storica del nostro Paese. Fermo restando il costante monitoraggio fiscale, che rimane un cardine di Adsi, quanto sopra esposto fa purtroppo pensare al fatto che tale azione ha poco valore quando non ci sono più redditi. Bisogna a questo punto lavorare alla creazione di nuovi redditi e in tal senso, a parte quanto già realizzato dalle singole dimore, è chiaro che una lobby collettiva può dare ottimi risultati, come è stato constatato con le iniziative già intraprese ad esempio il nuovo sito internet, o gli accordi con la stampa di settore».
Gli investitori esteri quanto sono attratti oggi da castelli e dimore storiche e quali sono i limiti che non fanno decollare questa nicchia di mercato?
«L’investitore, che cerca solo prestigio sociale, è attratto dalla dimora storica molto meno di quanto non lo sia stato nei secoli passati, quando averne una significava automaticamente entrare nell’elite del Paese. Oggi i valori sono diversi e per uno straniero, ma anche per un italiano, la villa in Sardegna o a Cortina è più importante di un castello in una montagna isolata. Diverso è il caso dell’investitore che vuole trasformare la dimora storica in una location turistica, ma in questo caso i vincoli della sovrintendenza sono tali da scoraggiare i più, infatti il mercato è del tutto bloccato. Alcuni investitori stranieri mostrano grande interesse per i nostri fabbricati, però nel momento in cui si rendono conto della impossibilità, in alcuni casi, di superare i veti dettati dalle soprintendenze e dell’enorme lavoro burocratico che dovrebbero affrontare con lungaggini che non consentono di programmare con certezza la spesa e la tempistica per un ritorno economico, rinunciano all’investimento per spostarsi su altri Paesi».
Cosa significa trascorrere una vacanza in palazzi, castelli, ville e residenze d’epoca?
«Pernottare in una villa del Palladio, trascorrere un weekend in un’antica cascina della campagna toscana, soggiornare nei luoghi del Gattopardo, rappresenta un’occasione straordinaria per poter ammirare da vicino i tesori del passato e immergersi nella memoria storica dell’Italia. Gli ospiti sono accolti come invitati dagli stessi padroni di casa con la possibilità di cenare e ammirare residenze private altrimenti inaccessibili. La nostra profonda conoscenza del territorio, l’amore per la nostra terra, l’attenzione posta nella cura dei dettagli, il gusto per le cose belle, ci consentono di proporre programmi altamente personalizzati e ritagliati sulle esigenze specifiche degli ospiti».
• di RENATA GUALTIERI